admin On giugno - 18 - 2010



11/05/2010: LIARS (+ Fol Chen) @ UNWOUND (PD)

di Marta Bussi
Sono le 22.40 quando si alza il sipario: non prestissimo, per essere un martedì sera di maggio, ma il locale è comunque piuttosto affollato. Per lo più si tratta di un pubblico composto di indie- e rock-amanti tra i venti e i quarant’anni che, pur forse non conoscendoli (come la sottoscritta), sembrano apprezzare i Fol Chen, opening act della serata. Il trio californiano presenta in effetti una sorta di pop sperimentale ed energico contenente spunti di una certa originalità, in una giustapposizione di idee melodiche e di timbri ben distinti e in un alternarsi di pieni e di vuoti strumentali di un certo impatto.

Ma i fans attendono i Liars, accolti calorosamente sul palco verso le 23.35: la lunga e ripetitiva intro di batteria di A visit from drum (dall’album Drum’s not dead del 2006) instaura da subito l’atmosfera ipnotica-psichedelica che è cifra caratteristica della band, in particolare nell’ultimo album Sisterworld (2010). E proprio da quest’album è tratto il secondo pezzo della serata, la marcia stanca e paranoica  No barrier fun.

A questo punto sopraggiunge però un brano più decisamente rock, Clear Island, che ci riporta per qualche minuto “con i piedi per terra”. Segue la più tranquilla I still can see an outside world, in cui un cantato allucinato esprime tutto il gusto per la dissonanza che è altra peculiarità della band. In We fenced other gardens with the bones of our own ritorna invece la sopra citata ripetitività ossessionante dei riff, e soprattutto dei pattern ritmici di batteria, declinata questa volta in una formula in cui prevale l’istintività caratteristica dell’improvvisazione.

Il concerto procede così in maniera altalenante tra violente scariche di energia – come The overachievers e Scarecrows on a killer slant – e momenti di calma apparente (The other side of Mt Heart Attack) e di inquieta malinconia (Sailing to Bysantium, semplice e d’effetto nel disco, ancor meglio dal vivo). Sul palco, i Liars convincono: coinvolgente e a tratti istrionico il frontman Angus Andrew, come pure il batterista Julian Gross, il cui timing oscilla (volutamente) con l’oscillare delle emozioni; più composto ma altrettanto lodevole il chitarrista/tastierista Aaron Hemphill. Diretti e comunicativi, i tre riescono a riarrangiare tutti i brani per una formazione live molto ristretta senza perdere in efficacia, complici un uso saggio ed equilibrato dell’elettronica sulla voce, le tastiere e le chitarre, nonché in molti casi l’aiuto di due elementi esterni che, sorpresa, sono anche componenti dei Fol Chen.

L’ultima parte del concerto si caratterizza per un crescendo di pezzi più pestati (che attingono prevalentemente dagli album che hanno preceduto Sisterworld) con cui le prime file del pubblico si sfogano rinfrancate dal volume che si fa sempre più alto. La scaletta ufficiale si conclude però con Proud Evolution, settima traccia dell’ultimo album, che ha un sapore totalmente diverso dai brani precedenti: il tiro quasi dance e il “loop” di voce che la caratterizzano riportano alla mente i Radiohead di Kid A e Amnesiac.

Non può mancare a questo punto il bis: dopo il viaggio mentale di Be quiet Mt Heart Attack, pezzo della durata di poco più di tre minuti che però vengono incredibilmente “dilatati” fino a sembrare molti di più, la band regala al pubblico una delle hit più amate, Broken witch, che significativamente chiude il concerto in una perfetta sintesi di dissonanza straniante ed appeal ritmico, di paranoia ed energia.

Related Images:

Share

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.

Sponsor