RAISED FIST – live
In un castello tra le colline vicentine un concerto hardcore. La cosa suona quantomeno curiosa. Il caldo persistente e l’odiosa umidità che attanaglia il nord-est mi spingono volentieri a cercare una temperatura più umana tra i colli berici. Se poi l’evento è l’unica data italiana dei Raised Fist trovo più facilmente la voglia di mettermi al volante.
La location del Demolition Festival è meravigliosa. Ci metto un po’ a trovare il Castello di Grancona, ma quando ci arrivo, io come tutti quelli con i quali scambio due parole siamo stupiti dall’insolita organizzazione. Seicentodieci Produzioni, Arkangel’s Army e Hardstaff hanno fatto le cose in grande stile per fissare questa data al gruppo di Lulea.
Prima dei Raised Fist ci sono un bel po’ di band. Non riesco a gustarmele tutte, ma tra quelle che riesco a vedere apprezzo particolarmente i Gargantha che, freschi di nuovo album, come sempre dal vivo sono impeccabili. La corte del castello va via via riempiendosi. Fortunatamente, perché quando arrivo io di gente non ce n’è molta. Dopo un cambio palco abbastanza lungo giunge il momento degli svedesi. Come un piccolo esercito sbucano uno dopo l’altro da una stanza/backstage vetrata al mio fianco. E’ passato qualche anno dall’ultima volta che li ho visti, ma come me li ricordavo sono atletici e, almeno qualcuno, assiduo frequentatore di palestre. Ammetto di non seguire più i Raised Fist come un tempo. Dopo lo stupendo Dedication, cioè dal 2002, non sono più riuscito ad apprezzare allo stesso modo i loro lavori. Veil of Ignorance mi lasciò quantomeno perplesso. Ora però sono al castello di Grancona per rivederli live e mi aspetto un suono che metta a dura prova le mura medioevali che mi circondano. Non c’è dubbio, i Raised Fist sono una band hardcore che ha uno stile tutto suo, non scimmiottano nessuno e mai lo hanno fatto. La carica adrenalinica che sprigionano durante il live è notevole. I ragazzi di Lulea grondano sudore, anche perché alle loro latitudini una temperatura del genere non si è mai vista in vita. La calura italiana non sfianca però Alexander che salta staccandosi da terra quasi avesse le ali ai piedi ed invece ha solo una condizione fisica invidiabile. Cantare e “danzare” come fa lui non è cosa da tutti, anche chi è abituato a vedere concerti hardcore non può non notare quanto questo frontman sia incredibile e dotato di un’energia superiore alla media. Anche gli altri componenti sul palco danno un ottimo contributo alla scena ed il risultato è un live assolutamente dinamico. Se non si è fan di questa band, non si può dire che lo show non sia comunque divertente e da vedere almeno una volta. Un plauso particolare va al batterista: un mitragliatore. Instancabile e preciso nonostante la velocità dei pezzi e le poche pause tra una canzone e l’altra. Ad osservarlo sembra stia raccontando la storia della buona notte al figlioletto. In realtà la batteria è una locomotiva che non fa fermate per tutto il concerto. Non ricordo il numero delle canzoni, ma i Raised Fist regalano un live di tutto rispetto e di una durata degna per un concerto hardcore. Personalmente avrei solo preferito qualche pezzo più datato in scaletta.
Per quanto musicalmente i pezzi nuovi siano a mio avviso meno belli, i testi e l’impegno sociale è ancora evidente e degno di lode. Non perché la critica e l’hc devono per forza andare di pari passo, ma perché Alexander sceglie delle tematiche interessanti e decisamente calzanti coi i tempi che corrono. Come quando si schierò e attaccò apertamente presso un’emittente nazionale svedese l’EU sulle normative riguardanti i diritti di proprietà intellettuale. Violenza ed energia sul palco, ma anche parole taglienti come lame di rasoi. Questi sono i Raised Fist, dal profondo nord della Svezia.
di Marco Mantovani
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