admin On novembre - 2 - 2010

ROMA FILM FESTIVAL 2010 / day6: Julianne Moore and “The Kids Are All Right”

Premiato con il Teddy Award alla 60a Berlinale, e favorito al Sundance Film Festival, “The Kids Are All Right” è la nuova pellicola di Lisa Cholodenko, che avvalendosi della nobile partecipazione di Julianne Moore nel cast (e prossima a ricevere il Marc’Aurelio in questa edizione del Roma Film Festival 2010) e di Mark Ruffalo ed Annette Bening, racconta di come una normale famiglia statunitense con duplice madre, sia sconvolta e ironicamente migliorata grazie al ritrovamente del padre biologico che le sue protagoniste scelsero per mettere al mondo i propri figli.
Un piccolo gioiellino mainstream, capace di catturare consensi di critica e pubblico, dove la quotidianità spicca ed è fondamentale, nella noia e nel divertimento, e dove il matrimonio è una sorta di associazione-sopportazione rispettosa dell’altui punto di vista e dell’altrui evoluzione.
La normalità della vita e dei sentimenti, spesso dimenticata dal mondo del cinema, in favore di violenza e corruzione, tornano prepotentemente in sala. Era ora, e forse, il cinema italiano, troppo spesso concentrato sull’esaltare le brutture della nostra società, dovrebbe prenderne spunto.

Lo ha affermato anche Julianne Moore, splendida 49enne totally-in-red, raccontando del film, dell’evoluzione della sua carriera e di come la normalità oggi passi attraverso la famiglia.

Julianne, una carriera decennale, insignita proprio oggi dall’ennesimo premio alla carriera…
JM:
Ormai sono una veterana del cinema, bisogna dirlo! Quando iniziai, nei primissimi anni ’90, dopo aver lavorato per anni a teatro in America, venivo sempre rimbalzata nei casting per i ruoli maggiori. Ebbi la fortuna di guadagnarmi un paio di bei personaggi in pellicole che uscirono quasi contemporaneamente e questo, ovviamente, giocò in mio favore perchè si parlò ben presto di me, in tutto il mondo. Fui molto fortunata, anche se non venni risparmiata di numerose porte in faccia e di una gavetta corposa.

– Tra l’altro la tua carriera è stata arricchita da ruoli molto differenti tra loro…
JM:
 Esatto, e questo è il bello del mio lavoro: poter interpretare più personaggi in una stessa vita, entrando così a conoscenza, personalmente, di quanti emisferi e realtà esistano al mondo, che esse siano psicologiche, sociali, culturali o storiche. In “The Kids Are All Right“, ad esempio, interpreto il ruolo di una donna omosessuale, sposata e con due figli poco più che adolescenti, ma la sua diversità sussiste nella peculiarità della sua stessa famiglia: un microcosmo problematico come quello che ognuno ha privatamente, che può resistere e sopravvivere attraverso la forza del sentimento, del rispetto reciproco e del matrimonio stesso, o comunque dell’idea di famiglia stessa, come nucleo da preservare e fondamentale.

 Come ti sei preparata dunque per il ruolo di Jules nel film?
JM:
Semplicemente semi-improvvisando. Di norma, venendo dal teatro, non amo fare molte sessioni di prova e preferisco studiare bene la pare e “buona la prima” come si suol dire! Jules ad esempio è una donna normale, che vive la propria sessualità, in una società, come quella americana, dove le è concesso avere famiglia e figli al pari delle coppie eterosessuali, e vive le proprie passioni come ciascuno di noi, con i propri alti e bassi, che fanno parte della vita, e, se affrontati, anche sbagliando, possono sempre essere edificanti. Negli States ci sono sempre più famiglie di questo tipo, con o senza figli, anche nelle scuole che frequentano i miei.

Le due madri e il padre (biologico): vincono certamente le prime…
JM:
direi di si, come del resto sono protagoniste, insieme alla figlia femmina. Sono genitrici, prima ancora che donne. Mentre il ruolo del padre è assente, ma senza volerlo effettivamente. Però a parer mio il fulcro del film sta nel fatto che la famiglia è effettivamente quella che ti cresce, più che quella che ti da la vita. No?

 

di Ilaria Rebecchi

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