“Diamo un nome a questa donna”. È l’appello lanciato dalle autorità che da un anno cercano di dare un’identità alla Jane Doe morta all’ospedale di Chivasso.
A più di un anno dalla morte in ospedale, le autorità di Ivrea non sono ancora riuscire a risalire all’effettiva identità di una donna che si faceva chiamare Evelina Valle. Nome e cognome che sono risultati falsi, per questo ora i Carabinieri e la Procura hanno deciso di condividerne le immagini, sperando di dare un nome a quel volto.

Si faceva chiamare Evelina Valle e diceva di avere 46 anni. Si presenta con queste generalità all’ospedale di Chivasso la donna senza fissa dimora le cui immagini le autorità hanno rilasciato in questi giorni. Qui poi muore il 27 luglio portandosi via con sé il segreto più grande: quello della sua vera identità.
Un nome falso, che nessuno conosce e non si ha certezza precisa neanche dell’età. Ma soprattutto nessuno l’ha cercata per questo la donna è finita nell’elenco delle 40 persone che in Piemonte sono morte senza che un nome e cognome sia inciso sulla lapide. Per ora, infatti, c’è solo un cartellino con la scritta “persona sconosciuta”.
“Diamo un’identità a questa donna”, le autorità chiedono aiuto ai cittadini
Dopo più di un anno rinchiusa in una cella delle camere mortuarie di Chivasso, la donna è stata seppellita senza nome. Anche per questo la Procura di Ivrea hanno deciso di diffondere alcune sue fotografie, nella speranza che qualcuno la riconosca e si possa finalmente dare un nome e un cognome a questo volto.

Le esequie si sono svolte solo lo scorso 26 agosto quando gli uffici di Palazzo Santa Chiara hanno riassunto questo giallo con un semplice “Funerale di salma in stato di abbandono con oneri a carico dell’ente“. È stato quindi il comune di Chivasso a sostenere i costi di sepoltura, ma per lei al cimitero c’è solo una targhetta con su scritto “persona sconosciuta, sesso femminile”.
Le autorità però non demordono e stanno ancora lavorando per ricostruire l’identità della donna. Fino a questo momento, gli inquirenti hanno ricostruito i passi di Evelina, paesi in cui ha vagato ed è stata anche fermata dalle forze dell’ordine. Da Vercelli a Mondovì fino a Milano, ma ad ogni città corrisponde un nome ed un’età diversi.
A questo punto le autorità hanno messo in atto l’ultimo step possibile: diffondere le sue immagini, sperare in un riconoscimento che permetta l’incisione di un nome sulla lapida. Questa volta vero.