La montagna in Italia viene giù: paura generale dopo una valanga di detriti. Le previsioni non sono buone: l’intera zona è a rischio.
Il crollo che ha scosso la Penisola negli ultimi giorni è indice di qualcosa di più grande e più grave che potrebbe manifestare la sua forza ancora una volta. Non c’è tranquillità nell’area colpita dalla grande frana: le previsioni non sono delle più positive. E’ probabile che si verifichi ancora e nessuno può dire se a questo avvenimento manchino mesi, giorni o solamente poche ore.
La cima Falkner delle Dolomiti ha ceduto. Proseguono gli accertamenti per comprendere cosa abbia causato questa frana di detriti. Il collasso è avvenuto alle 20:46 del primo agosto ed è stato 32 volte maggiore rispetto a quello già registrato pochi giorni prima, il 27 luglio.
Attualmente sono in corso i rilievi con i droni per tenere sotto controllo l’intera zona. Il sismografo ha registrato una scossa di magnitudo due. “Sono possibili altri collassi”, spiega il dirigente del Servizio geologico della Provincia di Trento, Mauro Zambotto, dalla sede della Protezione Civile del Trentino.
La questione sembra essere tutt’altro che chiusa: la montagna adesso è attentamente monitorata e l’attenzione è incrementata grazie all’uso di potenti strumenti tecnologici. Questo, tuttavia, non impedirà il ripetersi dell’evento e nessuno può prevedere che una ricaduta sia peggiore delle precedenti.
Secondo quanto dichiarato da Zambotto, il primo agosto sono caduti tra i 300 e i 400 mila metri cubi di roccia, mentre il 27 luglio il crollo aveva riguardato 36.000 metri cubi, per una scossa di magnitudo uno. Quanto accaduto si presuppone essere il risultato di cambiamenti importanti nella morfologia del territorio. Nel frequentarlo, non si potrà più non tenerne conto.
Continuano i rilievi sulla Cima, realizzati grazie all’utilizzo di droni e con la collaborazione dell’Università di Firenze (tramite il contributo del geologo Nicola Casagli) e dela Milano-Bicocca (grazie all’intervento del professor Giovanni Costa).
Entro la fine del mese, l’Ateneo fiorentino realizzerà un’analisi dei dati satellitari, mentre quello di Milano-Bicocca procederà con i rilievi eseguiti tramite i droni. Quel che finora è stato compreso mette in allarme l’intera zona: “sicuramente ci saranno altri crolli”.
Si prevede che saranno meno d’impatto rispetto a quest’ultimo registrato, tuttavia restano delle porzioni di roccia instabili per un’area totale di 700 metri cubi e si da quasi per scontato che franerà.
Al momento, restano chiusi il sentiero Benini (numero 305) e il sentiero numero 331 a causa della pericolosità dell’area. Finora, si stima che sia crollato oltre mezzo milione di metri cubi di materiale roccioso.
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