admin On giugno - 18 - 2010

 

“A.Live”
Paolo Zauli

256 pagine

Mc Mason books

Un concerto rock è una lunga scarica di corrente che non annichilisce il corpo, ma lo rende più vivo. Questo vale per chi è sul palco, ma ancor di più per coloro che partecipano all’evento e più è perfetta la simbiosi che si crea fra artista e spettatore, più il flusso di energia si fa magnetico”.
Questa la perfetta presentazione introduzione del libro fotografico di Paolo Zauli, rinomato fotografo che dopo circa 20 anni di vita sotto il palco ha deciso non semplicemente di catalogare in maniera puntuale e creativa tutti i maggiori concerti a cui ha partecipato, ma di superare la forma della mera cronaca live per palesare i migliori momenti catturati dal suo obiettivo negli anni.

E così l’emozione prende forma sfogliando questo meraviglioso volume dal sapore di storia della musica internazionale degli ultimi decenni, che proprio grazie a questo percorso dimostra la capacità dell’artista di superare le barriere del puro giornalismo convenzionale, intraprendendo la strada della vera e propria arte.

Perché osservare gli scatti di una non più giovanissima Patti Smith, intensa ed impegnata nei suoi reading e nel cantare, in un chiaro-scuro misterioso che ne esalta la gloria, riconduce inesorabilmente alla carriera della sacerdotessa del punk, come ricordare grandi eroi quali B.B.King e Ray Charles, la follia distorta intuibile persino in uno scatto dei Sonic Youth, l’appassionata violenza verso l’adorata chitarra di Matthew Bellamy, la compostezza ricercata e misteriosamente mefistofelica di un più giovane Nick Cave, l’esuberanza del sorriso consapevole ed affascinante di Skin, l’intensità tecnica di Pat Metheny o l’assuefazione alla musica dei New York Dolls, la sfuggevole raffinatezza raziocinante di Manuel Agnelli e  l’astrattismo intensificato degli istanti di Jeff Beck, o ancora l’esasperazione originale e svalvolata di un mai domo Billy Idol e l’apparente compostezza di Robert Plant, l’esagerata disgregazione di una Courtney Love sguaiata, e la follia hard-glam dei movimenti suadenti e diabolici di Marilyn Manson, l’affascinante trionfo rock dei Velvet Revolver e gli sguardi assassini dei Metallica, lo splendore consapevole e fiero di David Bowie e l’intellettualismo dei CSI o la stralunata britannicità nel look di Pete Doherty.

Un viaggio tangibile ma immaginario attraverso anni di musica e arte, tra mutazioni di generi e abbigliamenti supersonici, energici assalti vocali intrappolati in fauci aperte come di demoni stridenti nell’anima, e impegni sofisticati di ricerca di luci suggestive, come un novello Caravaggio della fotografia, che scuote l’immaginario comune riversando il proprio talento nell’artista da raffigurare eternamente, senza che il tempo ne rovini inesorabilmente, con i propri immutabili segni, il ricordo. Un concentrato adrenalinico di flussi di energia che sconvolgono ed evocano ricordi più o meno recenti, e che immortali resteranno proprio come la musica e i suoi eterni creatori.

Tutte le fotografie di Zauli sfuggono all’avanzante ed inflazionata era tecnologica di molti aspiranti fotografi oggi, per regalare al contrario impressioni in vecchia pellicola, l’unica, a detta stessa dell’artista, a riuscire a conservare il calore, le atmosfere e le sfumature della luce.
Gli scatti, impressionanti e diretti come lance che trafiggono il grande appassionato di musica, l’esperto di arte fotografica e il semplice curioso, riescono dunque a riconsegnare il mondo, più che mai vivo, e l’essenza di momenti indimenticabili per il protagonista che di conseguenza, lo diventano anche per il fruitore e il critico, senza bisogno di alcuna spiegazione verbale o logica. La fotografia di Zauli dona dunque l’esatto istante essenziale di ciascun artista, immortalato in scatti di differente genere e natura, e in momenti diversi, live o rubati ad un backstage, supportando la necessità di trovare in quel preciso attimo l’essenza stessa di tutta l’arte della musica dei vari artisti, pria e dopo del quale nulla è e sarà come è stato raffigurato e, forse, tanto splendido.
Raccontare con la fotografia oggi, è una spesso tristemente usa e getta, e troppo modernamente arricchita da strumenti tecnologici, al punto che risulta ancora più importante il segno che questo volume autoprodotto, realizzato con la partecipazione di Stefano Bon, critico musicale, scrittore e musicista, e Alessandra Gismondi, già fondatrice, cantante e bassista dei Pitch e Schonwald, rispettivamente per introduzione e testi, riesce a suggerire, svicolato da logiche puramente commerciali o da intenzioni auto celebrative.
C’è la musica, c’è l’arte, c’è il significato di rock a 360°, e la maestosità che il concerto rock suscita, indipendentemente dall’altisonante, o meno, nome del performer, immortalato in momenti di vita di pubblici diversi per età e propensione musicale, tutti riconducibili unicamente all’energia cosmica che la musica, solamente, può istigare e fomentare.
Perché la musica, è senza dubbio l’arte più rivelatrice per l’anima. Come la fotografia.

di Ilaria Rebecchi

Share

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.

Sponsor