admin On giugno - 18 - 2010

EDITORS

– intervista –
di Ilaria Rebecchi



Ed Lay e Chris Urbanovicz mi hanno raggiunta in un gelido pomeriggio milanese, nel backstage del loro concerto serale, puntualmente vestiti di nero e sorridenti nonostante l’alone di mistero ed oscurità che li circonda e precede. E con le stesse idea in merito al nuovo album (“In This Light And On This Evening”) e sulla contemporaneità: oscura, ma non necessariamente con significato negativo…

– Parliamo dello scopo dell’album: il titolo suggerisce una visione, forse nuova, di qualcosa, in un particolare momento. E’ la metafora del particolare momento della vostra stessa band?
E: Certamente! Tutto ciò che componi e che crei nel mondo dell’arte è puramente il frutto di un’elaborazione di un particolare momento di vita che stai trascorrendo. Oggi siamo molto più creativi di anni fa, e soprattutto più positivi, e direi che questa è la sintesi dell’album stesso.

– Come sono nate le canzoni?

C: In questo senso direi che il nostro lavoro è stato lo stesso dei precedenti album (“An End Has A Start” e “The Back Room”). Ogni canzone inizia sempre da Tom che ci manda la sua idea, e magari già una bozza, che poi ognuno di noi tre, privatamente elabora per conto suo. Viviamo in città, anzi paesi differenti del mondo. Io e Russel a New York, Ed a Birmingham e Tom a Londra, e individualmente apportiamo modifiche ai brani. E’ un modo molto moderno di lavorare, direi!

– Flood, poi, ha messo molto del suo nella produzione dell’album…

E: Flood è una delle persone più interessanti e creative che abbiamo mai conosciuto. E’ pieno di iniziativa ed esperienza e ha prodotto, non a caso, alcune delle più importanti band degli ultimi 20 anni. Noi volevamo dei suoni particolarmente elaborati e strani, molto diversi da quelli delle canzoni precedenti. E Flood ha centrato alla perfezione l’idea che avevamo!

– Una della differenza principale tra l’ultimo album e i precedenti è l’uso incrementato di sintetizzatori a discapito delle chitarre. Come è stato approcciarvi a questa diversità?
C: Decisamente strano! Sound diversi per idee e canzoni diverse. E’ stato un modo nuovo di creare l’album, in tutti i sensi direi. Volevamo fare qualcosa di nuovo, appunto, e i sintetizzatori erano la soluzione migliore per regalare ad ogni brano quell’intensità oscura e moderna.

– E questo è un album prettamente dark, che racconta della vita che è oscura, ma non sempre in senso negativo…
E: Infatti non è tutto nero! Amiamo la musica che si introduce nella testa e non l’abbandona, perché secondo noi questo rappresenta al meglio l’idea stessa della vita, che però ha momenti positivi e negativi. Siamo più grandi di qualche anno fa, e più sporchi, forse, disillusi ma coscienti che l’esistenza è ricca di tormenti, non sempre negativi, però. La vita, insomma è reale, sono solo immaginata. Proprio come il nostro album.

– E riallacciandoci a questo si direbbe che oltre band come voi, e dopo di voi, hanno abbracciato la nu wave. Che sia lo specchio della società odierna?

E: Probabilmente si, come sempre nella storia della musica, ma nel nostro caso non ci siamo basati molto sulle influenze degli anni ’80, se non per il genere di sonorità più adatte a colorare particolari canzoni. Poi è venuto tutto in maniera molto naturale.

– “Papillion”: il primo singolo e il primo video dell’album. Entrambi danno l’idea di necessità di fuggire da qualcosa. Ma cosa?

E: Questo è il punto. Nessuno lo sa. O meglio ognuno può dare la propria interpretazione. Sia ascoltando la canzone che vedendo il video, in cui non si capisce da cosa stiano fuggendo quei ragazzi…

– Rimpiangete i piccoli club in cui suonavate agli esordi, o preferite i grandi festival?

C: Per nulla li rimpiangiamo. E’ più difficile suonare e lavorare in un grande festival, e i ritmi sono diversi, ma quando Sali sul palco di fronte a migliaia di persone è un’emozione incredibile, decisamente più soddisfacente!

Squilla un telefono, che chiama i miei due compagni di chiacchierata oramai pronti per il soundcheck. Una foto, un vinile autografato e qualche battuta sulla pettinatura anni ’50 di Chris. Poi spariscono, in that light and on that evening

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One Response so far.

  1. Illa Landrum scrive:

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