admin On settembre - 11 - 2010
 
 

"Barney's Version"

Mostra del Cinema di Venezia
day 10-11
10-11.09.2010
Lido di Venezia

Se l’attesa per la nuova fatica di Richard J.Lewis (acclamato regista di CSI, tra gli altri), “Barney’s Version”, tratto (molto fedelmente)  dall’omonimo romanzo di Mordecaj Richler, tra arguzie spassose, grandi risate in sala e un cast stellare da Dustin Hoffman a Minnie Driver, Rosamund Rike e Paul Giamatti (magnifico), in primis, non ha deluso pubblico e critica, affascinati dal classico esempio di come una produzione italo-americana (canadese per la precisione), possa fare grandi cose in perfetto stile hollywoodiano, accompagnando per due ore la rappresentazione di una lunga e pittoresca vita a metà tra paradossi ed alti e bassi nell’alta (e non solo) società del bel mondo, con “Drei”, l’ultima giornata valida per il concorso dell’edizione 2010 della Mostra del Cinema di Venezia, Tom Tykwer riesce a dipingere un triangolo amoroso deliziosamente e sofficemente perverso sullo sfondo della Berlino di oggi, dove i protagonisti, Hanna, Simon e Adam sembrano portare ad una fresca, disincantata e al contempo fragile indagine sulla vita amorosa di una generazione in bilico tra dogmi sociali passati e nuove possibilità di sviluppi sentimentali ed etici (bellissimo, tra l’altro – ndr) mentre si celebra il grande ritorno alla regia di Monte Hellman, che con “Road To Nowhere”, il cui titolo profuma di Talking Heads, delinea il paradosso assurdo e scellerato di una sorta di meta-teatro, o meglio meta-cinema, ove il regista racconta di un giovane regista che racconta di una storia vera, di cui si innamora, nonostante le impervie difficoltà tra avvenimenti sfortunati e realtà che si mescola, nel più classico dei cliché qui ben sviluppato, però, con la più giocosa finzione, fino a portare il pubblico a chiedersi, effettivamente, fino a dove il cinema, e quindi l’arte, possa arrivare ad indagare sulla vita e soprattutto quale sia il primo sinificato stesso della vera e propria opera prima di Hellman.
Le ultime due giornate di Festival hanno però anche visto l’ennesima partecipazione, in the end qui come regista fuori concorso, di Vincent Gallo nel cortometraggio “The Agent”, in apertura della pellicola “News From Nowhere” di Paul Morrissey, concentrato percorso alla riscoperta degli incontri di un enigmatico sconosciuto con gli abitanti di una città portuale statunitense, fedelmente alle tecniche cinematografiche utilizzate dal regista agli esordi, a cavallo tra ‘60s e ‘70s, e dove l’estraniazione dello sconosciuto rimane tale per sua scelta di non dover dare spiegazioni sulla drammaticità della propria esistenza passata, presunta.
E se con “L’Ultimo gattopardo: ritratto di Goffredo Lombardo” (un work in progress firmato niente meno che da Tornatore, ad anticipare un nuovo capolavoro che poggia le basi sulla vita di Lombardo, uno dei più illustri produttori cinematografici italiani, tra testimonianze d’epoca e di oggi, a metà tra documentario e film storico d’onore), la chiusura del Festival è stata affidata allo splendore di “The Tempest”, trasposizione contemporanea sugli schermi dell’omonima e divina tragi-commedia shakespeariana che Julie Taymor (“Across The Universe”), stravolge scegliendo una Prospera al posto dell’omonimo protagonista di Shakespeare, facendone vestire i panni dalla deliziosa Hellen Mirren (in splendida forma), in un racconto cinematografico senza tempo a metà tra thriller e fantasia, fascinazioni mistiche e rimandi all’attualità, e l’onnipresente e meravigliosa musica a fare da cornice al tutto.

 di Ilaria Rebecchi

 

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